mercoledì 1 aprile 2015

Love Act



Chi l'avrebbe mai pensato. Con il nuovo secolo, lavorare è diventato sinonimo di fare all'amore, essere assunti ad un matrimonio, il licenziamento (l'abolizione dell'art. 18) al divorzio, l'apprendistato al fidanzamento. Lo sostengo perché mentre il Parlamento continua a discutere e a temporeggiare sulla definizione ed approvazione del cosiddetto "divorzio breve", dalle pagine di Avvenire esordisce una proposta formulata da un lettore, tale Ivano Argentini, nella rubrica delle lettere al Direttore (Marco Tarquinio) di "matrimonio a tutele crescenti". Lasciando da parte la similitudine col Job Act, almeno per quanto riguarda la descrizione del contratto più comune, mi fa sorridere la possibilità che si possa anche solo parlare di matrimonio a tempo indeterminato con possibilità di divorzio senza giusta causa ma con indennizzo economico. E poi i Co.Co.Co., i Co.Co.Pro., quelli a termine, gli interinali, quelli "a chiamata", gli stagionali, quelli a cottimo e a ore. Ovvio, direte, sto esagerando. Come si possono unire due cose così diverse tra loro. L'amore tra due esseri umani è quanto di più puro, bello, gioioso, possa esistere. Un conto è l'economia e un altro è la vita. La vita.. già, la vita. Ripensandoci, anche il lavoro è vita. Magari, non sempre ci rende felici ma è pur sempre una base sulla quale costruire una famiglia, sia essa formata da una coppia di fatto o celebrata, da una navigata o appena formata. Dunque, è realmente così? Lavoro e sesso andranno di pari passo? C'è già chi lo ha fatto, mescolando al proprio status sociale una relazione occasionale o stabile tanto che è statisticamente provato che è proprio sul luogo di lavoro che è più probabile che due individui si incontrino per la prima volta, che inizino ad innamorarsi l'uno/a dell'altra/o, che stabiliscano le basi del loro rapporto. Tutto sommato, questa analogia non sembra essere così sballata come appare di primo acchito tranne quando si aggiunge un solo piccolo elemento: il Sindacato può essere paragonato all'autorità ecclesiastica o viceversa? Qui i dubbi diventano più grandi. Non credo che il Clero abbia delle figure lontanamente paragonabili a Landini o Camusso, né che il Sindacato possa vantarsi di avere una guida come quella di Papa Francesco. Dopotutto, occorre "dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio"...
Pier Giorgio Tomatis

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