lunedì 13 aprile 2015

Incendi di guerra nel Manipur oppresso da New Delhi


La guerriglia separatista scatena nuovi attacchi contro le forze militari indiane
I guerriglieri Kuki e Metei in lotta tra loro e contro gli hindu

Torna ad infiammarsi il Manipur, piccolo stato del Nord Est indiano, stato che dovrebbe essere indipendente, perché i suoi abitanti non hanno nulla a che spartire con gli hindu, e che, invece, è inglobato a forza nell’Unione Indiana. Il Manipur pullula di gruppi guerriglieri e di movimenti armati separatisti in lotta contro il governo centrale di New Delhi, ma, purtroppo, anche in lotta tra loro. In effetti, gli interessi in gioco sono molti. Vi è quello etnico e indipendentista delle etnie Meitei e Kuki (che non vogliono più soggiacere al centralismo hindi e rivendicano con forza le loro differenze identitarie, etniche e religiose), ma vi è anche quello economico (il Manipur è ricco di petrolio, diamanti, idrocarburi, metalli preziosi, e per questo motivo l’India non è affatto disposta a cederne la sovranità). Lo scorso anno, tra il governo indiano e i principali movimenti armati separatisti (Fronte di Liberazione dei Popoli del Manipur, Fronte Nazionale Kuki, Fronte Unito di Liberazione Nazionalista) erano in corso trattative per una soluzione diplomatica del conflitto, ma tutto si è arenato nel mese di settembre 2008, quando, di fronte ai no degli emissari indiani alle proposte autonomiste dei rappresentanti dei movimenti guerriglieri, questi hanno abbandonato i tavoli delle trattative. La lotta armata è ridivampata subito furiosa, con attacchi da parte del Mplf e dell’Unlt contro le postazioni militari indiane nella regione, in particolare nella città di Moreh e nel distretto di Chandel. In contemporanea, però, si sono avuti anche scontri tra i guerriglieri meitei del Mplf e i guerriglieri Kuki del Knf, che hanno causato oltre una dozzina di morti. Sembra che il Knf prosegua per proprio conto trattative con il governo indiano, indebolendo così le posizioni indipendentiste degli altri movimenti guerriglieri. Inoltre, i ribelli Kuki sono anche accusati di condurre una lotta senza quartiere venata di razzismo contro i ribelli del Nagaland, i quali, in lotta contro l’esercito indiano, spesso dal Nagaland sconfinano nel Manipur. Insomma, la situazione è veramente esplosiva. Di fronte ai continui attacchi e attentati dei ribelli, le forze indiane rispondono con una repressione brutale che colpisce anche le popolazioni civili, in particolare delle aree rurali, mentre gli sconfinamenti dei guerriglieri in territorio birmano hanno indotto New Delhi e Yangoon a concludere una serie di accordi che consentono alle proprie truppe di inseguire oltre confine le bande ribelli. A causa di ciò, nell’intero Nord-Est indiano la situazione sembra davvero sul punto di precipitare. Devastanti bagliori di guerra si levano da tutto il Manipur, mentre il rigido centralismo indiano appare del tutto incapace di sbloccare questa difficilissima situazione. La soluzione di questo conflitto permanente che dura da oltre mezzo secolo è una sola: la concessione dell’indipendenza, da parte di New Delhi, a questi popoli che non sono hindu e che non si sano affatto parte dell’Unione Indiana. Ma per i motivi economici sopra accennati, lo Stato indiano non acconsentirà mai all’indipendenza del Manipur, del Tripura, dell’Assam, del Nagaland, del Mizoram e degli altri piccoli stati che costituiscono il complesso mosaico etnico, tribale e religioso del Nord-Est indiano. Così, in queste terre di salgariana memoria, la parola resta sempre alle armi, con interi popoli in rivolta contro il protervo potere centrale indiano e con una situazione endemica di conflittualità, tensioni interetniche e religiose, sociali ed economiche. E vana è la presenza massiccia dell’esercito indiano, il quale, anche se possiede poteri speciali dovutigli da una legge che risale la lontano 1958, non riesce a controllare la situazione, né annientare militarmente le guerriglie (che godono di un ampio consenso popolare) e neppure a garantire l’incolumità delle etnie che dichiara di voler proteggere (come nel caso degli scontri interetnici tra i Kuki e i Meitei). Dunque, per il Manipur, il futuro resta decisamente tragico e il suo destino sembra quello di una sempre più devastante spirale di lotte e di violenze senza limiti!

Fabrizio Legger

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